E'
la sagra che si festeggia oggi la seconda domenica di Marzo. L'organizzazione
della Pro Loco era prima curata dalla banda musicale"Rinascente",
ideatrice del primo polentone fatto subito dopo la 1^ guerra mondiale
Recita
Ginetta Viola Mussini nel libro Val Staffora Viva nel 1972
... mi
par ieri quando, con il conte Biancoli (storico pavese di onorata memoria)
ed il giornalista Vico Zampieri caduto in Russia, sono salita per scoprire
qualcosa nella casa Bertuggia che ci confermasse che quella era la casa
di "Bertoldo" che i vecchi chiamavano "nostro". Era
il settembre 1941 ed abbiamo trovato il pozzo, una poltrona "reale"
sotto il portico, abbiamo udito tante cose e respirato un aria suggestiva
e strana come se realmente l'ombra di Bertoldo a Cà Bertuggia ci
avesse stregati.
.... Mi
diedi da fare e l'anno successivo pel Carnevale, l'uomo che rimestava
la polenta in piazza, invece di chiamarsi "montanaro" come tutti
quelli degli altri paesi, si chiamò Bertoldo ed invece di dire
le freddure che ripetevano nei monti tanti "polentari" nell'dentica
giornata, prese a parlare come Bertoldo per i re, i potenti, come per
i sempliciotti ed i poverelli, quella filosofia profonda che stupisce
e non morirà mai...
La limitata
calca dell'epoca, oggi è divenuta una folla. I calderoni sono diventati
quattro e sono sollevati da una gru.
Ancora
dal libro di Ginetta Viola Mussini
.... In
un angolo della piazza, accanto al banco dei vini, c'è un gruppetto
di commensali seduti intorno alla tavola imbandita. Non parlano o ridono
a bocca piena davanti alla polenta e al salamino. Sono una cinquantina
di malati della Neuro di Voghera che vengono ogni anno in gita premio.
E' per loro il giorno più atteso e felice. Ed è questa opera
buona , sono questi piccoli atti di bontà del nostro Polentone
che attraggono tanta folla fatta di ragazzi, di giovani e di vecchi venuti
da tutte le parti e che se ne vanno contenti da Retorbido senza sapere
il perchè...
Sono passati
tanti anni da Ginetta Viola Mussini, ma è ancora così.
IL
POZZO DI BERTOLDO
Bertoldo,
l'arguto montanaro che fu chiamato a corte da Re Alboino (secondo il racconto
di Giulio Cesare Croce, vissuto dal 1550 al 1609 a Persiceto di Bologna)
è figura tanto di buon senso e di semplicità che ogni tanto
riappare con le sue massime nel discorso delle persone più sagge.
E' naturale quindi che sia sempre vivo il desiderio di sapere se fu persona
realmente vissuta nel lontano 500 o se creazione del bravo scrittore.
Noi, per tradizione arrivata chissà come, crediamo che un contadino
di buon senso ed intelletto così vivo, come descritto Bertoldo
nel racconto, sia vissuto qui nella nostra frazione di Cà Bertuggia
e sia emigrato lontano per parecchi anni e tornato a casa Reggia (Mondondone)
donatagli dal sovrano e che ha dato nome al Casolare. Di questo personaggio,
abbiamo visto fino a qualche anno fa il pozzo ed una vecchia poltrona
sotto un portico, cimelio non comune per Murisasco e sappiamo creare con
la nostra fantasia quell'emigrazione straordinaria di un uomo solo, verso
l'ignoto mondo che può essere anche un regno con tanto di Reggia.
Il
"Pozzo" eccolo. In una stanza allo stesso livello della strada,
in un angolo, con l'acqua che affiora e si può attingere con la
tazza. Ecco il forno accanto, dove si cuoceva una volta il pane. Bertoldo,
un giorno qui, con il suo cervello che lavorava di fantasia, col cuore
che lo spingeva lontano, attingeva acqua e beveva e fuori era primavera,
c'era il sole, i mandorli in fiore, gli uccelli che cantavano. Sulla soglia
aperta vide una bella ragazza.... con le trecce bionde, la gonna azzurra,
gli occhi che brillavano e due labbra rosse come fragole.
Bertoldo
la guardò: Sei la Madonna? No, Bertoldo, io sono una donna viva
e ho tanta sete: dammi da bere! l'uomo, incantato, porge la tazza. Bell'uomo,
stai qui?
Bell'Uomo
a me? fa Bertoldo tocandosi il naso bitorzoluto. Scherzate? - No, non
scherzo, perchè non lo sapete? non è bello ciò che
è bello, ma è bello ciò che piace.... Ben detto,
ben detto. e tu, sempre bene dirai fa la fanciulla. Poi, segnando con
la mano il colle, e oltre il colle la valle, il piano, continua "Lontano
da qui c'è una casa tutta d'oro" - ma che è l'oro?
- "questo"! E la fanciulla mostrò un raggio di sole che
essa teneva in mano. Ma in quella casa d'oro tutti hanno la testa dura
come la pietra. Tu, Bertoldo, vi andrai e sarai la bocca della verità
come quest'acqua sorgiva è la frescura e la purezza. Bene, benone,
fece Bertoldo e si levò in punta di piedi per toccare la veste
della fanciulla. Ma questa sparì. E nella casa rimase il raggo
di sole ch'ella aveva in mano.
Bertoldo,
senza dir niente a nessuno, fece fagotto e se ne andò. Prima però
prese dal pollaio due uova e due rape dall'orto. Cammina, cammina arrivò
sul ponte Rosso che porta a Voghera. Qui allora ci stava una vecchia con
le tenaglie che toglieva un dente a coloro che per la prima volta passavano
dalla valle alla città. Quando passò Bertoldo gli chiese
di pagare il posteggio. Ma l'uomo, ridendo, aprì la bocca e le
mostrò nuda come quella di un bambino appena nato: "Prendete".
La
donna impermalita, chiese allora due cose che cuocendo insieme sarebbero
divenutemolli se erano dure, sure se erano kolli.
Bertoldo,
ancora ridendo e senza scomporsi, offrì un uovo e una rapa. La
donna, per la prima volta in vita sua rise, lasciò passare il villano
e lo salutò con queste parole: "Che tu possa far fortuna con
la tua semplicità e furbizia".
E
così fu per Bertoldo, se è lui quello della leggenda che
dopo tanti anni pice ancora ai vecchi e bambini.
Interamente tratto da Val Staffora viva di Ginetta
Viola Mussini
|