La storia e i luoghi da visitare a Retorbido
la prima attestazione in cui appare Retorbido è dello storico romano Tito Livio, che, col nome di Litubium, la identifica come la località dove le legioni del console Quinto Minucio, nel 129 a.C, sconfissero e posero sotto il giogo di Roma le locali tribù gallo-liguri. Nei primi secoli dell’Alto Medioevo, non si ha alcuna traccia di documenti, probabilmente perduti, riguardanti Litubium. Solo nel 972, con la denominazione di Riturbio, comparve nell’elenco delle donazioni elargite dall’imperatore germanico Ottone al monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro. Da quel momento il borgo, diverrà feudo nel XII secolo,diviene il centro di una disputa tra Pavia e la diocesi di Tortona che se ne contesero a lungo la giurisdizione. Nei secoli successivi un susseguirsi di guerre e dominazioni, prima spagnola poi austriaca e dal 1753 piemontese sotto i Savoia, ha caratterizzato la storia di Retorbido al cui soglio feudale si sono succedute nobili casate quali i Sanazzaro, i Dal Verme, i Riario, i Beccaria, i Corti di San Michele e infine i Durazzo Pallavicini, il cui ultimo erede, il marchese Marcello, appartiene alla discendenza dei Cattaneo Adorno. Per quanto riguarda i monumenti presenti sul territorio è doveroso partire dalla chiesa di San Andrea che, fino alla metà del XVI secolo, svolse le funzioni di sede parrocchiale e dalle origini, per quanto non identificabili con precisione, sicuramente antiche. La chiesa è inoltre sede della confraternita di San Andrea del Gonfalone, tuttora attiva, la cui esistenza è accertata per la prima volta in un documento dei Sinodi diocesiani del 1598. Suggestiva è anche la storia della chiesa-oratorio, recentemente restaurata, di San Rocco, edificata nel 1630, l’anno in cui anche Retorbido venne travolto dalla piaga della peste, resa tristemente famosa dal talento letterario del Manzoni. Oltre duecento persone, su una popolazione totale di circa seicento, persero la vita e gli abitanti in questa situazione drammatica,in paese non vi erano medici e non esisteva un Lazzaretto, decisero di edificare una chiesa oratorio dedicandola ai santi Rocco e Sebastiano, invocati dalla tradizione come protettori delle pestilenze. Il potere temporale si svolgeva nel palazzo Durazzo Pallavicini che, con la sua mole a monoblocco e torri angolari, occupa la parte anteriore del colle che ospita la chiesa parrocchiale, quest’ultima dedicata alla Vergine e dalla facciata neoclassica. Sorto verso la fine del XIX secolo, in stile neoclassico, con prospettiva a due piani, il palazzo è abbellito da un timpano soprastante, mentre la parte retrostante, rialzata rispetto alla strada che la costeggia, presenta una bella scalinata che accede al parco. Parlando di Retorbido non si può non ricordare le sue fonti di acque termali, conosciute fin dall’epoca romana. Molti medici, in periodi diversi, scrissero su queste acque elogiandone le virtù terapeutiche e tra questi pure l’illustre medico milanese Fazio Cardano.la prima attestazione in cui appare Retorbido è dello storico romano Tito Livio, che, col nome di Litubium, la identifica come la località dove le legioni del console Quinto Minucio, nel 129 a.C, sconfissero e posero sotto il giogo di Roma le locali tribù gallo-liguri. Nei primi secoli dell’Alto Medioevo, non si ha alcuna traccia di documenti, probabilmente perduti, riguardanti Litubium. Solo nel 972, con la denominazione di Riturbio, comparve nell’elenco delle donazioni elargite dall’imperatore germanico Ottone al monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro. Da quel momento il borgo, diverrà feudo nel XII secolo,diviene il centro di una disputa tra Pavia e la diocesi di Tortona che se ne contesero a lungo la giurisdizione. Nei secoli successivi un susseguirsi di guerre e dominazioni, prima spagnola poi austriaca e dal 1753 piemontese sotto i Savoia, ha caratterizzato la storia di Retorbido al cui soglio feudale si sono succedute nobili casate quali i Sanazzaro, i Dal Verme, i Riario, i Beccaria, i Corti di San Michele e infine i Durazzo Pallavicini, il cui ultimo erede, il marchese Marcello, appartiene alla discendenza dei Cattaneo Adorno. Per quanto riguarda i monumenti presenti sul territorio è doveroso partire dalla chiesa di San Andrea che, fino alla metà del XVI secolo, svolse le funzioni di sede parrocchiale e dalle origini, per quanto non identificabili con precisione, sicuramente antiche. La chiesa è inoltre sede della confraternita di San Andrea del Gonfalone, tuttora attiva, la cui esistenza è accertata per la prima volta in un documento dei Sinodi diocesiani del 1598. Suggestiva è anche la storia della chiesa-oratorio, recentemente restaurata, di San Rocco, edificata nel 1630, l’anno in cui anche Retorbido venne travolto dalla piaga della peste, resa tristemente famosa dal talento letterario del Manzoni. Oltre duecento persone, su una popolazione totale di circa seicento, persero la vita e gli abitanti in questa situazione drammatica,in paese non vi erano medici e non esisteva un Lazzaretto, decisero di edificare una chiesa oratorio dedicandola ai santi Rocco e Sebastiano, invocati dalla tradizione come protettori delle pestilenze. Il potere temporale si svolgeva nel palazzo Durazzo Pallavicini che, con la sua mole a monoblocco e torri angolari, occupa la parte anteriore del colle che ospita la chiesa parrocchiale, quest’ultima dedicata alla Vergine e dalla facciata neoclassica. Sorto verso la fine del XIX secolo, in stile neoclassico, con prospettiva a due piani, il palazzo è abbellito da un timpano soprastante, mentre la parte retrostante, rialzata rispetto alla strada che la costeggia, presenta una bella scalinata che accede al parco. Parlando di Retorbido non si può non ricordare le sue fonti di acque termali, conosciute fin dall’epoca romana. Molti medici, in periodi diversi, scrissero su queste acque elogiandone le virtù terapeutiche e tra questi pure l’illustre medico milanese Fazio Cardano
La costruzione della Chiesa Parrocchiale di Retorbido è iniziata nel sec. XVIII, successivamente è stata ampliata nel secolo XIX, anche se datata 1882 sulla facciata. Attualmente è un edificio ampio, ordinato ed elegante, nelle proporzioni e nelle decorazioni. La facciata ha un poco l’eleganza e, insieme, la freddezza dello stile Neoclassico, anche se si tratta invece di uno stile romantico rielaborato, come si usava nell’ottocento, tanto che si potrebbe parlare di “Liberty”.
L’interno, a tre navate, con cupola e accenno di transetto, risplende di una ricca decorazione di Carlo Morgari, eseguita nel 1946, ben conservata. Per la parte pittorica da segnalara le “Virtù Cardinali” nella cupola e le “Virtù Teologali” nel Presbiterio. Entrando da sinistra e percorrendo la Navata fino al transetto si incontra l’Altare settecentesco, in marmo, di Sant’Antonio con tela dipinta.
Nel presbiterio, l’Altare Maggiore è ricco di intarsi con marmi colorati, e, di fianco all’altare una notevole “Natività” dipinta su tela con motivi stilistici settecenteschi. Ritornando dalla navata di destra, altare in marmo dell’”Addolorata”, con Paliotto in bassorilievo di marmo bianco del 1859.La Chiesa Parrocchiale è ricca di un Organo del Bianchi, un organo novene che ha continuato in Diocesi il lavoro dei più ben famosi SERASSI di Bergamo, dai quali pare abbia appreso la sua arteLa costruzione della Chiesa Parrocchiale di Retorbido è iniziata nel sec. XVIII, successivamente è stata ampliata nel secolo XIX, anche se datata 1882 sulla facciata. Attualmente è un edificio ampio, ordinato ed elegante, nelle proporzioni e nelle decorazioni. La facciata ha un poco l’eleganza e, insieme, la freddezza dello stile Neoclassico, anche se si tratta invece di uno stile romantico rielaborato, come si usava nell’ottocento, tanto che si potrebbe parlare di “Liberty”.L’interno, a tre navate, con cupola e accenno di transetto, risplende di una ricca decorazione di Carlo Morgari, eseguita nel 1946, ben conservata. Per la parte pittorica da segnalara le “Virtù Cardinali” nella cupola e le “Virtù Teologali” nel Presbiterio. Entrando da sinistra e percorrendo la Navata fino al transetto si incontra l’Altare settecentesco, in marmo, di Sant’Antonio con tela dipinta. Nel presbiterio, l’Altare Maggiore è ricco di intarsi con marmi colorati, e, di fianco all’altare una notevole “Natività” dipinta su tela con motivi stilistici settecenteschi. Ritornando dalla navata di destra, altare in marmo dell’”Addolorata”, con Paliotto in bassorilievo di marmo bianco del 1859.La Chiesa Parrocchiale è ricca di un Organo del Bianchi, un organo novene che ha continuato in Diocesi il lavoro dei più ben famosi SERASSI di Bergamo, dai quali pare abbia appreso la sua arte
E’ la chiesa parrocchiale antica di Retorbido (fino alla fine del 1600). Forse fu dedicata all’Apostolo pescatore perché costruita tra le case, sulla sponda del Torrente Rile .
Questa Chiesa è la più antica del circondario, della quale è cenno negli annali Tortonesi del “Salice” all’anno 348, dimostra l’antichità del Cristianesimo in Retorbido; questo si deve collocare tra i primi avvenimenti religiosi della Chiesa Tortonese. Forse a questo primo probabile edificio sacro, dedicato all’Apostolo Andrea; di qualche metro sotto il livello dell’attuale pavimento, ne è subentrato un secondo, tutto, o almeno in parte; si intuisce dalle finestre Monofore, venute alla luce nell’ultimo restauro; e dall’uso di mattoni ‘striati’ occasionali nella prima metà del secolo XI, quasi generali nella seconda metà dello stesso secolo, raramente nel secolo XII e meno ancora nel secolo XIII. Da qui un indice molto indicativo per collocare il secondo edificio romanico, subentrato alla prima chiesa, ricordata dal Salice e dall’Alessi.
Lo studio dei documenti di archivio, conservati nella curia vescovile di Tortona, ha portato solamente in luce un plico incompleto della visita Gambara, dove si parla invece della terza
trasformazione dell’edificio nelle attuali forme rinascimentali, tornate alla luce con i restauri. Al termine del lungo piazzale, ricavato dall’antico cimitero, la chiesa romanica è stata rialzata e ridotta all’attuale forma cinquecentesca come appare evidente dai muri : semplice nella linea, a mattoni e sassi a vista, fiancheggiata da due lesene e timpano sovrastante. Nella parte absidale è il campanile,anch’esso in mattoni a vista dotato di campane.L’interno, ad unica navata, è dotato di un coro ligneo seicentesco, mirabilmente restaurato recentemente, sormontato da un affresco eseguito del Legnani nel 1853 e raffigurante la Vergine traS. Andrea e S. Martino.Nel mezzo è l’unico altare, sormontato da un tempietto a quattro colonne, poggiato su predelle: il tutto costruito in pietra locale. Il tabernacolo ha una porticina in argento sbalzato raffigurante la Madonna del Rosario. La pavimentazione è interamente in cotto. Entrando nella chiesa a sinistra dell’ingresso e a destra dell’altare vi sono due crocifissi di buona fattura e in discreto stato di conservazione risalenti al 1700 ca. Ancora a destra dell’ingresso è murata una lapide in marmo con una iscrizione in latino così tradotta:E’ la chiesa parrocchiale antica di Retorbido (fino alla fine del 1600). Forse fu dedicata all’Apostolo pescatore perché costruita tra le case, sulla sponda del Torrente Rile
Tra l’anno 1630 e 1632,la peste, che trovò in Alessandro Manzoni un immortale fotografo, è arrivata fino a Retorbido, dicono gli scritti, a causa di una donna che era fuggita da Voghera e in breve tempo lo spostamento di persone da un posto all’altro ha affrettato il trapasso della peste distruggendo così famiglie e paesi. Retorbido aveva allora una sola via (oggi via Paolo Meardi) che era allora attraversata dal torrente Rile (deviato nel 1896). Le acque stagnanti, soprattutto nella stagione calda, creavano veicolo alimentari dei microbi. A Retorbido non c’erano medici e non esisteva un Lazzaretto, il paese contava allora circa 600 abitanti e in due anni subì una perdita di circa 230 unità; fu proprio in quella situazione così disperata che fu costruita una chiesa oratorio dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano, ritenuti invocati come protettori delle pestilenze e dei mali contagiosi.
La peste cessò e i superstiti, piangendo i cari perduti, continuarono a pregare i due Santi nella piccola chiesa, posta presso il Municipio. La chiesa si mantenne sempre aperta al culto, dipendendo però dalla chiesa parrocchiale. La peste non è che uno storico ricordo,
ma nel 1955 il Parroco, con il Sindaco, vedendo che la chiesa andava in rovina, costituì un comitato per il recupero della struttura. Tutto il paese, anche i retorbidesi emigrati in America, diedero il loro contributo e il 16 Agosto (festa di San Rocco) la chiesetta apriva la porta per accogliere tutto il popolo in festa. La banda rallegrava questo importante evento
Occupa con la sua mole a monoblocco e torri angolari, la parte anteriore del colle che ospita la chiesa parrocchiale.
Sorto verso la fine del 700, in stile neoclassico, con prospettiva semplice e simmetrica a due piani, è abbellito da un timpano soprastante che racchiude l’ormai sbiadita arma gentilizia degli antichi proprietari.
Le due torri che prospettano la facciata interna sono dotate alla sommità di quattro fornici, ciascuna per lato riportate su due piani.
La parte retrostante del palazzo, essendo rialzata rispetto alla strada che la costeggia, ha una suggestiva scalinata che permette di accedere ad un giardino, adesso molto trascurato, che vanta alberi secolari di imponente bellezza.
Le fonti di Retorbido si trovano lungo la strada che, passando attraverso la cascina Migliavacca, conduce a Rivanazzano.
Le fonti si trovano al centro di una piccola valle contornata da alberi di castagno e robinie che, intrecciandosi, impediscono al sole di penetrare nell’ambiente sottostante mantenendo così un’invidiabile frescura nell’ambiente.
Cadute più volte in disuso dal medioevo e poi sempre ripristinate, furono definitivamente rivalorizzate dal marchese Siro Corti verso la fine del sec. XVII.
Tre sono i tipi di acqua curativa che sgorgano dalle fontanelle: magnesiaca, solforosa e ferruginosa.
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